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    Tutti siamo indigeni! Giochi di specchi tra Europa e Chiapas
    (Padova: Cleup, 2013)
    La “musa zapatista” ha ispirato i movimenti antagonisti e altermondialisti, europei e non solo, fin dalla seconda metà degli anni Novanta, consentendo loro di rinnovarsi e darsi un linguaggio condiviso. Le narrazioni molteplici che da questa musa scaturiscono sono la materia su cui l’autrice ha condotto la sua etnografia. Il testo è costruito in due parti, una messicana e una catalana: due facce di uno specchio, due parti di una ricerca etnografica policentrica, tesa a seguire la circolazione di narrazioni e immaginari politici che danno senso, oggi, alle scelte di partecipazione e militanza di molte persone. Essa si inserisce nell’ampio dibattito antropologico sulle costruzioni identitarie etniciste, per comprendere alcune declinazioni dell’indigenismo contemporaneo in America Latina. Mostra, ancora una volta, quanto le dimensioni apparentemente localistiche delle cosiddette identità etniche siano in realtà l’esito di interazioni con mondi geograficamente e culturalmente lontani, come in questo caso, composto di relazioni transoceaniche. Gli usi strategici dell’etnicità, categoria frutto qui di esclusioni coloniali, possono rivelarsi strumenti di inclusione sociale nel momento in cui entrano in risonanza con alcune proiezioni esotizzanti di società lontane, europee, pronte ad aderire e perfino a promuovere logiche movimentiste per cui “siamo tutti indigeni”